“Cosa significa mamma con la SMA? Un sentiero illuminato dal sole, una strada tortuosa ma bella. Con mio figlio è nata anche una nuova me, una mamma. Non esiste un libretto di istruzioni. Ci saranno situazioni non facili da affrontare ma con le persone che amo, troverò soluzioni, talvolta alternative o creative, ma consapevole che crescerò al meglio con mio figlio.”
Francesca Penno, neo mamma e paziente del NeMO Milano, si racconta in una struggente intervista: un messaggio importante, per celebrare la vita che arriva e che verrà, e ricordare quanto l’amore delle persone intorno a noi siano la cura e la forza più potenti che vi siano per superare ogni ostacolo.
L’INTERVISTA
Francesca parlaci di te.
Sono una donna di 36 anni, moglie di Youssou e mamma da poche settimane del piccolo Ibrahima Mauro. Abito ad Alessandria, dove lavoro dal marzo 2013 come counselor e coordinatrice del Numero Verde Stella dell’Associazione Famiglie SMA: un servizio gratuito dedicato in primis alle persone con malattie neuromuscolari e alle loro famiglie, ma aperto anche agli operatori socio assistenziali e scolastici.In questi anni il Numero Verde Stella è diventato un punto di riferimento, non solo per un supporto psicologico, ma anche per dare risposte concrete in merito a tutti gli aspetti normativi e burocratici nei quali ci si imbatte quando si convive con una disabilità motoria: penso ai rapporti con i servizi socio-assistenziali per tutte le prescrizioni; alle relazioni con le scuole per supportare le famiglie in tutti gli aspetti legati all’inserimento dei loro bambini. Ci sono poi le necessità più psico-sociali, legate per esempio a voler conoscere e condividere la propria esperienza con altre famiglie vicine, soprattutto per chi ha ricevuto da poco la diagnosi di SMA e sente il bisogno di confrontarsi con gli altri. Negli ultimi anni poi, l’avvento dei nuovi trattamenti di cura ha portato inevitabilmente a dedicare ampio spazio nell’affiancare le famiglie con tutte le informazioni necessarie. Amo molto il mio lavoro: mi occupo tutti i giorni non solo di fare prima accoglienza a tutte le chiamate, ma anche di prenderle in carico in toto, quando non è richiesta una risposta specifica da parte degli altri specialisti che collaborano al servizio, penso ad esempio allo psicologo, all’avvocato, al fiscalista o al genetista. Del mio lavoro amo il fatto di poter essere a contatto con molte persone, di poterle aiutare, ma soprattutto, nel mio piccolo, di poter fare anche qualcosa di più: quando dico che anche io ho la SMA cambia il tono della chiamata, perché percepisco che chi è al telefono si può riconoscere in me e si sente libero di condividere la sua esperienza. Inoltre, quando un genitore di un bimbo affetto da SMA si trova di fronte ad un adulto con la sua stessa patologia, capace di poter dare risposte concrete alle piccole e grandi sfide che la malattia porta con sé, si sente confortato. Credo che la mia presenza non solo sia una risposta a richieste pratiche, ma è anche sostegno, condivisione. Una presenza che lascia un messaggio molto forte: nonostante la SMA è possibile fare molte cose.
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Raccontaci dell’esperienza di diventare mamma del piccolo Ibrahima Mauro.
A dir la verità non avevo mai pensato seriamente al fatto di poter diventare genitore, è stato frutto di un lungo percorso di crescita insieme a mio marito e, nel tempo, quello che all’inizio poteva essere solo un desiderio è diventato sempre di più un progetto di costruzione della nostra famiglia. Il periodo della gravidanza è stato intenso, lungo, ricco di emozioni e paure. La felicità di sapere che sarei diventata mamma era sempre accompagnata dalla paura che dal punto di vista clinico ci potessero essere dei problemi, per il bimbo e per me. Ora sono contenta e sollevata di poter dire che è andato tutto molto bene e tutto ciò è stato possibile grazie ai professionisti di NeMO che mi sono stati al fianco ogni giorno nei tre mesi di ricovero e hanno saputo gestire con grande professionalità anche i momenti più critici del parto. A NeMO ho iniziato davvero a vivermi come mamma: mi sono sentita accolta e rassicurata e, soprattutto, accettata. Il fatto che fossi una donna con la SMA incinta non è stato visto dall’équipe medica come un’anomalia, ma come la normalità, pur con tutte le sue complessità. Per questo gli operatori hanno definito un piano di presa in carico specifico per me, per tutto il periodo di ricovero, che mi aiutasse a vivere nel modo migliore la gravidanza. Quando sono arrivata a NeMO ero molto stanca e debole e le prime settimane sono state necessarie per riprendermi dal punto di vista fisico, con flebo e trasfusioni. Poi la situazione si è stabilizzata e, nel tempo, mi sono resa conto di avere al fianco medici e operatori esperti che sapevano come accompagnarmi nel dare alla luce il piccolo Ibrhaima Mauro. Per gran parte della gravidanza ho deciso di rimanere a NeMO e qui ho passato le feste di Natale insieme a tutti gli altri pazienti e agli operatori. Tutti insieme, ognuno con la propria storia, abbiamo condiviso momenti di gioia. In camera ero da sola, ma quando passavo per i corridoi ero insieme ad altre persone che come me combattevano ciascuna la propria sfida. È stata un’esperienza nuova, diversa e sono contenta di averla vissuta. Stare a NeMO ha significato essere in famiglia, un posto in cui sentirsi al sicuro, in cui ci si sente accolti come persone e non come portatori di malattia. Dopo tre mesi sono contenta di tornare a casa, ma non nascondo di essere anche un po’ malinconica.
Ibrahima Mauro: come è stata la scelta del nome.
Per il nostro piccolo abbiamo pensato ad un nome che non solo ci piacesse, ma che ci ricordasse la nostra cultura e la nostra famiglia: abbiamo così deciso di chiamarlo Ibrahima Mauro. Ibrahima come la guida spirituale senegalese di mio marito, una figura estremamente importante per lui, e Mauro come il nome di mio cugino, che nei momenti difficili mi è sempre stato accanto. Per questo la scelta del doppio nome: perché nostro figlio unisce le nostre radici.
Raccontaci di quando hai potuto prendere in braccio Ibrahima Mauro per la prima volta.
Ho pianto, tremavo: è una sensazione difficile da descrivere. Mi sono trovata di fronte a un esserino così piccolo, così fragile, ma forte al contempo. Abbiamo vissuto insieme momenti molto difficili durante la gravidanza, ma ora siamo pronti a crescere insieme. Vorrei che Ibrahima Mauro crescesse sereno, anche se in un ambiente un po’ fuori dagli schemi: diciamoci la verità…non è da tutti oggi avere un genitore con disabilità e un genitore di colore! Ma io vivo con fiducia e speranza e mi auguro di poterlo aiutare a realizzare tutti i suoi sogni, così come i miei genitori lo hanno fatto con me.
Cosa significa per te oggi essere donna e mamma con la SMA?
Se dovessi raccontare la mia esperienza con una immagine, penso a un sentiero illuminato dal sole, una strada tortuosa ma bella da percorrere: voglio vedere dove ci porterà. Non so cosa succederà, ma voglio vivere giorno per giorno imparando a conoscere mio figlio. Con Ibrahima Mauro è nata anche una nuova Francesca, una mamma. E non esiste un libretto di istruzioni che spieghi come ci si debba comportare ad esserlo! So che avrò bisogno di aiuto e consigli. So che ci saranno situazioni anche quotidiane non facili da affrontare ma, insieme alle persone che mi vogliono bene, troverò delle soluzioni, talvolta anche un po’ alternative e creative. Voglio scoprirlo giorno per giorno. Sono consapevole delle difficoltà che la mia malattia comporta, non so ancora con certezza come le affronterò, ma so di non essere sola: ho al mio fianco persone meravigliose che mi accompagneranno lungo questo cammino.
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