di Cosetta Zanotti – Autrice di letteratura per l’infanzia, storyteller e formatrice
Piccoli prodigi quotidiani passano spesso inosservati nel frastuono di una giornata che scorre veloce. Eppure essi si rivelano proprio nelle trascurabili, ma solo in apparenza, frazioni di tempo in cui un foglio cade danzando dal tavolo e tocca il pavimento, un insetto cammina sul filo tortuoso di un ramo o una nuvola di novembre inghiotte il tetto rosso della casa di fronte. Spesso hanno odori o profumi troppo delicati o troppo scontati per attirare l’attenzione, come quello di un fiore che si schiude nell’aiuola della scuola o di un biscotto che si scioglie nel latte del mattino. Sono dettagli apparentemente inutili da ascoltare, come le gocce di pioggia che ticchettano sul vetro dell’auto mentre fuori tutto scorre o come la matita che scivola sul foglio ruvido… Dentro i piccoli prodigi quotidiani si nasconde la poesia, non quella regolata dalla metrica o dalle regole della sintassi, ma quella che alberga profonda dentro ognuno di noi, e specialmente nei bambini. Basta osservare certe loro scatole preziose, che tengono ben nascoste: contengono oggetti che a noi grandi sembrano inutili, ma per un piccolo e direi, un vero poeta, sono essenziali. Può trattarsi di una piuma o una conchiglia, una spilla o una foglia o, perché no, un pezzetto di Lego. Qualunque cosa sia, voi, grandi, abbiatene cura, meravigliatevi! Siete di fronte ai “sacri frammenti” della prima esperienza poetica di un bambino, simboli di uno sguardo “altro” e “alto”, eppure profondissimo, sulla realtà che lo abbraccia e ancora non lo inghiotte. Prima di imparare a memoria le poesie, molto prima, è importante incoraggiare l’atteggiamento poetico dei nostri bambini per non disperdere il grande dono che hanno sin dal loro primo giorno di vita: quello dello sguardo colmo di stupore, di tenerezza e di fiducia sul mondo. Prendiamocelo come compito di educatori quello di non smarrire la bellezza di tale dono.
UNA CREAZIONE QUOTIDIANA
Chiunque ha a che fare con i bambini ha il privilegio di partecipare alla creazione quotidiana di mondi ineffabili, dove tutto è chiaro e tuttavia fluido: una foglia non è una foglia, ma una nave che galleggia nel mare in tempesta. E se vediamo che quel mare è solo una pozzanghera, beh, non possiamo che esserne contenti.
Educare è mostrare la vita a chi ancora non l’ha vista. L’educatore dice: “Guarda!” E così dicendo mostra. L’alunno guarda nella direzione indicata e vede ciò che non aveva mai visto ancora. Il suo mondo si espande e lui diventa più ricco interiormente, può provare più gioia e dare più gioia, che sono le ragioni per le quali viviamo. Il miracolo dell’educazione avviene quando vediamo un mondo che non si era mai visto. Con queste parole Rubem Alves, sociologo, psicoanalista, teologo protestante, ha spiegato che l’educatore è una persona che genera in senso spirituale.
Per salvaguardare anche la poesia è fondamentale ricordare che l’infanzia è un tempo che va lasciato scorrere confidando che l’inerzia, quindi la noia, quella apparente “non azione” che spaventa soprattutto i genitori, serve al bambino per allestire il suo mondo interiore. Se nell’infanzia non ti prendi questo tempo, da grande non lo farai più: perché non ne sarai capace. L’ “azione” dello “stare fermo a osservare” il soffitto bianco della cameretta, un gatto che passa in cortile o una nuvola che cambia forma, protegge i bambini dal ciclone dei ritmi quotidiani e vale più di un continuo dinamismo. Essi hanno bisogno di riempire il proprio immaginario, di approdare su quelle piccole isole di tempo gratuito che custodiscono gli sguardi e allenano alla tenerezza. Il pensiero poetico, lo sappiamo bene, non è lineare. È un soffio di vento che conduce altrove, un sentiero tracciato tra le stelle. Quando tutta questa bellezza verrà alla luce in modo naturale nei nostri bambini, allora potremo iniziare a usare anche “le parole” della poesia.
Per gentile concessione di Scuola Italiana Moderna n. 3 • Novembre 2020 • anno 128 • © Editrice La Scuola