Di questi tempi si parla tanto di sostenibilità nel campo della produzione, dal primo all’ultimo settore: che si tratti di tutelare l’ambiente o di adottare politiche che rispettino e valorizzino le persone, infatti, oggi ogni azienda si sta sempre più confrontando con questa importante tematica.
Tale discorso non vale solo per le grandi multinazionali d’oltreoceano (dove, a suo tempo, la pratica della responsabilità sociale d’impresa ha preso vita), ma anche per le piccole e medie imprese di casa nostra. A parlare sono i dati: secondo l’ultimo rapporto sulla Corporate Social Responsibility in Italia stilato dall’Osservatorio Socialis, infatti, nel 2015 l’80% delle imprese del nostro Paese con oltre 80 dipendenti ha dichiarato di impegnarsi in iniziative di CSR. Ne è conseguito un cospicuo investimento economico, che dal 2001 (anno in cui si iniziò a monitorare il fenomeno) al 2015 ha raggiunto la cifra record di 1 miliardo e 122 milioni di Euro.
I vantaggi per le imprese
Ma quali benefici possono trarre le piccole e medie imprese che si occupano di CSR? In primo luogo, un’azienda che rispetta gli altri (tramite iniziative di natura sociale o azioni a tutela dell’ambiente) è percepita in modo positivo dal grande pubblico. In altre parole, chi dimostra attenzione verso certi temi non rischia di passare inosservato agli occhi di clienti, stakeholder e addirittura concorrenti. Al contrario, viene ricordato con maggiore approvazione e identificato come “etico” proprio per la sua scelta di sposare cause benefiche. La conferma arriva da una ricerca di Project ROI, secondo cui la CSR può far crescere e proteggere la reputazione e il marchio dell’azienda fino all’11% del valore totale del gruppo.
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Il secondo motivo per cui azioni di responsabilità sociale possono rappresentare un notevole vantaggio anche per le PMI è legato al primo: più un brand si dimostra essere (pro)positivo e più accresce il bacino di potenziali clienti. Le persone, infatti, danno maggiore credito a una realtà che dimostri un concreto interesse nei confronti di temi attuali come quelli della sostenibilità o della beneficenza, e le affidano più volentieri non solo le proprie necessità ma anche i propri soldi.
A questo proposito, sono soprattutto le nuove generazioni a dimostrarsi attente nelle scelta di un’azienda che professa la CSR: secondo la ricerca “The 2016 Deloitte Millennial Survey” di Deloitte, l’81% dei Millennial (i giovani nati tra la fine degli anni Ottanta e il 2000) si dice infatti disposto a pagare un sovrapprezzo per prodotti sostenibili, il 56% esclude a prescindere le imprese che non operano in modo sostenibile e il 49% ha rifiutato incarichi in contrasto con la propria etica professionale. Come i Millennial, poi, anche la generazione Z (circoscritta tra i nati dalla seconda metà degli anni Novanta fino al 2010) ha un’alta soglia di attenzione al tema: in uno studio di i4cp, il 93% del campione dichiara infatti che l’impatto che le aziende hanno sulla società influenza le loro decisioni sia nella ricerca del lavoro sia nelle scelte d’acquisto.
I vantaggi per la società
Ma un discorso di questo tipo funziona anche su un altro livello di azione, ossia quando a beneficiare della social responsibility non è solo l’azienda ma anche il tessuto sociale con il quale quest’ultima intesse un rapporto.
Non sono rari i casi in cui imprese di piccole e medie dimensioni, in collaborazione con onlus o associazioni benefiche, hanno infatti deciso di rendere un servizio per lo più gratuito alle comunità locali delle città in cui si trovano a operare: in tali frangenti la social responsibility diventa un importante apporto per la popolazione, la stessa che può beneficiare di servizi altrimenti assenti o, se presenti, a pagamento.
Un contributo non da poco, che permette all’azienda di contribuire a migliorare le politiche attive sul territorio degli enti preposti, siano essi di carattere pubblico o privato. Non è un caso che il 40% delle aziende che investe in in CSR affermi di avere migliorato il rapporto con il territorio proprio grazie a questa pratica.
Due risvolti di una stessa medaglia
Giunti a questo punto appare chiaro che ciò di cui abbiamo parlato fin qui rispecchia appieno quanto Giorgio Fiorentini, professore di Economia e Gestione delle Imprese Sociali all’Università Bocconi di Milano, e Davide Dal Maso, ricercatore e consulente nel campo dello sviluppo sostenibile, hanno ben spiegato nel loro “Creare valore a lungo termine. Una riflessione sull’investimento sostenibile e responsabile”: l’investimento sostenibile e responsabile delle imprese riunisce in sé due dimensioni distinte, seppure non rivali, di tale attività.
Da una parte vi è quella economica, che vede l’azienda interessata ad accrescere il proprio valore; dall’altra quella socio-ambientale, che permette all’impresa di assegnare alla propria attività fini altruistici, volti a generare soluzioni (pro)positive per l’intera comunità.
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