Esempi “sociali” di guerrilla marketing per stupire il pubblico e stimolare il territorio

L’asfalto rotto, una macchina incidentata, le transenne e i vigili del fuoco tutt’attorno: è stato questo lo scenario che si è prospettato ai cittadini milanesi nell’ottobre 2013, quando un sottomarino è riemerso dalle viscere della terra per fare bella mostra di sé nella centralissima via Mercanti, a due passi dal Duomo del capoluogo meneghino. 

Nessuno degli increduli passanti che ha fotografato e ricondiviso migliaia di volte sui social una scena tanto anomala avrebbe mai pensato che quella che gli si stava parando davanti era, in realtà, un esempio di campagna di guerrilla marketing.

Un evento clamoroso per una brand awareness istantanea

A dire il vero, si è trattato di una delle più importanti (e riuscite) attività di guerrilla in Italia, che ha fatto scuola e che viene oggi portata come esempio nelle aule universitarie e sui libri di studio. L’iniziativa, infatti, era stata promossa da Europe Assistance Italia del Gruppo Generali, la stessa che aveva da poco aperto una sua filiale meneghina non distante dalla scena: in questo modo l’agenzia assicurativa ricordava ai cittadini l’importanza di proteggersi da tutti gli imprevisti che possono accadere quotidianamente. E non è un caso che lo slogan dell’intera iniziativa fosse stato “Tutto può accadere”.

 

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L’evento di guerrilla marketing valse così all’azienda 1.500 tweet, raggiungendo circa 1 milione e 500mila utenti e ottenendo una copertura mediatica che ha sfiorato i 3 milioni di impression, con più di 2.200 foto su Instagram. In poche ore #L1F3 (il nome del finto sottomarino) è diventato trend topic nazionale sui maggiori social network, mentre il video dell’evento, riportato anche dalle più importanti testate giornalistiche nazionali e internazionali, ha superato il milione di visualizzazioni su Youtube.

Di che cosa stiamo parlando

Ma di cosa si tratta, esattamente, quando si parla di guerrilla marketing? E qual è il ruolo del territorio nella strategia sottesa a tale tecnica? E, ancora, perché questo modo di farsi pubblicità è assai utile nell’ambito del sociale? Andiamo con ordine. Il termine “guerrilla marketing” è stato coniato nel 1984 dal pubblicitario statunitense Jay Conrad Levinson nel suo libro omonimo: esso indica una forma di promozione pubblicitaria non convenzionale e a basso costo che specie le piccole e medie imprese possono usare per creare nei consumatori un effetto sorpresa e, di conseguenza, la diffusione del nome del brand e del suo prodotto in maniera repentina, virale e a basso costo.

Tratto distintivo del guerrilla marketing è quello di attirare l’attenzione dei consumatori realizzando azioni spiazzanti sul territorio, “là dove non te lo aspetti”: il guerrilla, infatti, scova i suoi destinatari in luoghi che non sono tradizionalmente deputati alla fruizione della pubblicità, andando così ad agire in spazi dove il livello di advertising consciousness delle persone è pari a zero. Giocando con la storia del territorio (si veda l’esempio del sottomarino milanese, spuntato in un luogo dove il mare non c’è quasi mai stato), questa strategia interagisce con le peculiarità fisiche e qualitative dell’ambiente per veicolare un messaggio e, quindi, generare nello spettatore-consumatore una sensazione di stupore e di engagement.

Gli esempi sociali di guerrilla marketing

Lavoro sul territorio, creazione di coinvolgimento, sensibilizzazione alla causa: il “marketing guerrigliero” non può che essere perfetto per veicolare nelle comunità locali i messaggi e i valori di quelle aziende che decidono di collaborare con realtà del Terzo Settore vicine a cause di carattere sociale.

The ramp lesson

 

 

È il caso di  “The ramp lesson”, campagna del 2015 promossa dalla scuola guida Motos Drivers School di Buenos Aires per sensibilizzare gli autisti sul tema del parcheggio selvaggio. In quell’occasione a essere state prese di mira sono state le auto lasciate davanti agli scivoli per persone con disabilità dei marciapiedi: queste, infatti, sono state trasformate, con apposite passerelle, in rampe di lancio per le acrobazie su carrozzina dell’atleta disabile Juan Maria Nimo. Le scene sono state riprese, postate sui social network e trasformate in appositi adesivi che, contenenti un QR-code, sono stati attaccati sulle portiere delle macchine parcheggiate in divieto di sosta.

Vaga para deficiente

Sempre sullo stesso tema si sono spesi i ragazzi di “Vaga para deficiente” e “Vaga para deficiente 2” che, nel 2015, hanno tracciato il simbolo delle persone con disabilità sulle macchine parcheggiate nelle aree di sosta riservate, prima dipingendolo con vernice e poi riempiendo la macchina dei trasgressori di post-it.

Hang-man

Meno goliardica e certamente più di impatto è stata la campagna di Amnesty International “Hang-man” per la sensibilizzazione alla lotta contro la pena di morte. Nel 2009 diversi mezzi pubblici tedeschi furono dotati di sostegni che assomigliavano a cappi di corde e “decorati” con la sagoma di diversi uomini impiccati. Ogni foto era poi corredata di una scheda che spiegava chiaramente le ragioni per cui bisognava essere contro la pena di morte.

Fearless Girl

In occasione della Festa della Donna del 2017 l’artista Kristen Visbal ha realizzato la scultura in bronzo “Fearless Girl“: commissionata dalla società di investimento State Street Global Advisors tramite l’agenzia pubblicitaria McCann New York, l’opera raffigura una ragazzina che, spavalda, fronteggia la famosa statua “Charging Bull” di Wall Street.

L’installazione è stata realizzata per pubblicizzare un fondo indicizzato che comprende aziende di vario genere, tutte accomunate dal fatto di avere una percentuale relativamente alta di donne tra i loro top manager. Non è un caso che la targa apposta sotto la statua affermi: “Conosci il potere delle donne nella leadership. LEI fa la differenza”, dove “LEI” (in inglese “SHE”) è sia un pronome personale sia il simbolo del fondo al Nasdaq.

In 12 settimane la campagna ha fruttata al brand 4.6 miliardi di impression su Twitter, 745 milioni di impression su Instagram e un’eco mediatica che ha attratto giornali e televisioni di tutto il mondo.

 

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