Effetto sorpresa, azione out-of-the-house, pubblicità non convenzionale. Chiamatelo come volete ma l’obiettivo dell’ambient marketing rimane sempre lo stesso: raggiungere il consumatore là dove non se lo aspetta, in quei luoghi, cioè, della quotidianità (stazioni, parchi, strade, piazze) che sono fuori dai frame tradizionali dedicati ai messaggi pubblicitari o promozionali. Fine ultimo dell’ambient marketing è infatti quello di vincere la normale resistenza di un utente rispetto alla comunicazione pubblicitaria e, così, farsi strada nella giungla divulgativa dei brand in modo da spiccare e far parlare di sé.
Alle origini della tecnica di marketing
Non è un caso che tale termine sia nato nel 1996 quando la Concord Advertising, un’agenzia inglese, stanca di sentirsi chiedere dai suoi clienti “qualcosa che fosse diverso dalla solita adv”, decise di collocare alcuni annunci pubblicitari non più non nei soliti billboard ma per terra, sui distributori di benzina, dietro le porte delle toilette pubbliche: tutti luoghi, insomma, che fino ad allora non erano considerati adatti alla pubblicità.
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Tuttavia, è bene specificare che l’ambient marketing non è sinonimo di guerrilla marketing, nonostante entrambi rientrino nella più grande categoria del non convenzionale: mentre il secondo, proprio come il primo, punta a realizzare attività stranianti (e disturbanti) in luoghi non deputati al normale flow pubblicitario, l’ambient gioca di più con il proprio target di riferimento, manifestandosi così solo nei luoghi più frequentati da certi generi o da talune generazioni e, con essi, interagendo. Per la maggior parte di esse, dunque, le attività di ambient creano engagement con gli spettatori, portando questi ultimi a diventare i principali attori di un’esperienza, sia essa un gioco, una challenge, o un’azione generica.
Caratteristiche (e pregi) dell’ambient, anche per il sociale
Alto tasso di engagement, perfetta targettizzazione del campione scelto, viralità dell’azione e, quindi, passaparola: sono queste le caratteristiche hanno reso l’ambient una tecnica di marketing efficace e spesso usata dai più disparati marchi di tutto il mondo. Ma c’è di più. Una delle caratteristiche che più piace a chi se ne serve è che questo genere può essere considerato un mezzo per farsi pubblicità a bassissimo costo: si tratta, infatti, di una tecnica poco costosa e abbordabile, non a caso rientrante tra quelle attività di marketing e comunicazione below the line, che non richiedono budget consistente.
Una serie di ragioni, insomma, che rendono questa tecnica adatta a veicolare cause e sensibilizzare le persone su temi quali il sociale, l’ambientale, il charity e quanto ha a che fare con il terzo settore: andando infatti a giocare con l’imprevedibilità di un’azione su un territorio noto ai consumatori, l’effetto sorpresa viene amplificato dal contenuto (spesso forte) del messaggio che si vuole comunicare. Una sensazione non da poco, specie se a essere trattati sono i diritti umani, l’attenzione all’ambiente, lo sfruttamento delle materie prime, il soccorso a persone svantaggiate o su questioni di salute personale.
Esempi pratici in Italia e all’estero
Non è un caso che, in tutto il mondo, gli esempi di ambient marketing siano nel tempo proliferati. Per esempio per diversi anni, lungo le strade delle città brasiliane, ogni primo dicembre, in occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS, poteva capitare di trovarsi un lungo cartello recante la scritta AIDS: il progetto “Take out a condom and help the fight against AIDS” dell’Health Secretariat of Rio Grande do Sul fu d’impatto ma soprattutto utile, dal momento che le lettere erano composte di condom semplici da staccare e portare a casa.
Molto di impatto il progetto di Ikea, realizzato nel 2016 nella metropolitana di alcune città della Norvegia per sensibilizzare il pubblico sulla guerra civile in Siria: il solito appartamento posticcio con l’arredamento tipico della catena svedese è stato rimpiazzato da un ammasso di mattoni e calcinacci scuri, arredato solo con alcune foto, un materasso sporco, un tappeto, qualche lenzuola e un orsacchiotto rotto. Fuori un cartello: “25 metri quadri, una casa in Siria”, ossia la casa di Rana, a Damasco, dove la donna viveva con nove persone, sotto l’attacco delle bombe.
Nel 2006, infine, in occasione della “Settimana Europea della mobilità sostenibile”, la campagna “Lascia il passaggio alla civiltà” ha portato la città di Brescia a costruire un muro su uno dei parcheggi con strisce gialle riservati ai portatori di handicap e a distruggerlo, poco tempo tempo, proprio per mano del sindaco. Un avvenimento reale, che ha avuto un’eco virtuale molto grande poiché si è svolta in contemporanea in tutto il mondo grazie all’attività della community web di Second Life.
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