L’avvio di partnership tra profit e no profit è un tema di estrema attualità: sempre più aziende in tutto il mondo stanno infatti comprendendo l’importanza di coniugare obiettivi strettamente commerciali a finalità di impegno sociale. Nell’ultimo report PWC Global CEO survey, il 64% degli Amministratori Delegati intervistati dichiara di avere in programma un aumento significativo degli investimenti CSR ritenendoli fondamentali all’interno della strategia aziendale.
Anche in Italia si registra un forte aumento della consapevolezza sociale da parte delle imprese: queste ultime, secondo il rapporto presentato a fine 2017 dall’Istituto Italiano della Donazione, nel 2016 hanno rappresentato più del 15% della raccolta annua per il 23% degli enti no profit.
Tale tendenza è confermata anche da un altro dato: le imprese italiane, infatti, rappresentano oltre il 13% del raccolto globale delle ONP con un aumento del 100% rispetto all’anno precedente.
Una redditività sostenibile per tutti
Attivare una partnership tra profit e no profit significa anche veicolare all’interno e all’esterno dell’azienda i buoni valori che la realtà benefica porta da sempre con sé: un punto non da poco, che da una parte vuole mettere in luce le intenzioni (pro)positive dell’impresa in questione con clienti e stakeholder, e dall’altra diffondere tra i dipendenti della stessa alcune best practice che interessano i temi della società, dell’ambiente e dei diritti.
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Va da sé che tutto questo debba creare una condizione di win-win che coinvolge le parti in gioco: le aziende, infatti, sentono sempre più l’esigenza di investire in collaborazioni che consentano dei ritorni tangibili, misurabili, siano essi esclusivamente di immagine o, perchè no, anche di business.
In assenza di sostenibilità, infatti, un’azienda sarebbe oggi difficilmente in grado di sostenere attivamente una no profit per un periodo di tempo prolungato e continuativo.
Regole chiare per il massimo del risultato
Quanto detto precedentemente non deve essere vissuto dalla no profit come uno snaturamento del proprio ruolo nella società, ma addirittura deve essere interpretato come un’opportunità per creare relazioni a lungo termine e sempre più profittevoli con le aziende.
Per questo, qui sotto abbiamo raccolto i cinque principali benefici che una partnership tra profit e no profit può portare con sé.
1. Maggiore valore alla Business Value Proposition dell’azienda
Secondo il VII rapporto CSR in Italia di Socialis, il 52% degli intervistati ha la percezione che gli investimenti in social responsibility possano in qualche modo incidere sulle scelte dei consumatori in fase di acquisto. Questo dato è confermato da un’altra ricerca, questa volta internazionale, di YourCause, che afferma che il 66% dei consumatori intervistati pagherebbe di più per comprare prodotti di aziende impegnate in pratiche CSR.
Numeri di questo tipo sono giustificati dal fatto che un’azienda impegnata in investimenti mirati di CSR acquisisce, agli occhi del grande pubblico, dei valori più forti, spesso in grado di sostanziare i prodotti o servizi. Un tratto in grado di contribuire al posizionamento dell’azienda in modo significativamente diverso sul mercato.
2. Più coinvolgimento dei dipendenti
Creare legami e affezione all’interno di un’azienda è fondamentale: se le persone si sentono bene nel posto in cui lavorano, la qualità di ciò che producono aumenta esponenzialmente. Tuttavia, fare team building non è facile e richiede molte energie. Un metodo sempre più diffuso è il coinvolgimento dei dipendenti in progetti di impegno sociale aziendale. Sempre secondo la ricerca di YourCause, la produttività aumenta del 13% in aziene in cui i dipendenti sono fortemente ingaggiati in attività sociale, mentre il turnover si abbatte del 50%.
3. Miglioramento del rapporto con i media
Un evento o una campagna di comunicazione sviluppata in partneship con una no profit nell’ambito delle proprie attività di cause related marketing è spesso in grado di veicolare valori che diventano di forte interesse mediatico. Va da sé che l’esposizione dell’azienda ne risente positivamente, porprio quanto quella dell’ente no profit.
Ma l’azienda deve avere il coraggio di non prendersi la scena. Protagonisti della campagna o dell’evento sono i valori comuni che vengono espressi con la no profit. E protagonista è, ovviamente, la no profit.
Un atteggiamento di comunicazione discreto del brand viene sempre premiato dai media, pronti a dare visibilità a portatori di interessi e non a operazioni “spudoratamente” commerciali.
Un discorso, questo, che vale a maggior ragione se l’evento è collegato a realtà e persone che operano sul territorio: grazie ai media locali la eco mediatica che se ne avrà sarà ulteriormente amplificata.
4. Costruzione di una community affezionata al brand
Questo è forse il risultato che si ottiene con maggiore sforzo e lentezza, ma gli effetti che se ne possono ottenere sono quelli più duraturi. Quando le persone acquistano qualcosa non stanno comprando solo quel determinato prodotto o servizio: stanno pagando per uno stile di vita e dei valori in cui si riconoscono. La partnership con una no profit può rappresentare un’opportunità importante all’interno della costruzione di una community di persone (e non semplici consumatori “mordi e fuggi”) che si riconoscono appieno nei principi dell’azienda.
5. Ottenimento di agevolazioni fiscali
Questo è uno dei benefici maggiormente tangibili per un’azienda che riserva parte del suo utile ad attività di beneficenza. Inoltre, con l’entrata in vigore della riforma del terzo settore le agevolazioni fiscali saranno ancora più significative e incentivanti per le imprese che decideranno di investire in impegno sociale. È bene informarsi con attenzione ed eventualmente rivolgersi a consulenti professionisti.
Insomma, questa nuova forma di collaborazione fa capo a un’idea di redditività sostenibile che va a inserirsi in un mercato ricco di possibilità. Il metodo utilizzato è tanto semplice quanto efficace e permette di coniugare le esigenze di pubblico e privato in modo utile, proficuo e, cosa più importante, etico.
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